#18
I due
criminali fissarono l’avversario, così gracile, così debole. Possibile che in
quell’ometto ci fosse tanta forza? Quante volte questa domanda era passata
nelle menti di uomini potenti, quante volte con terrore quel pensiero li aveva
spinti a decisioni drastiche, ma ora era necessario mantenere la calma.
- Dottor
Banner, non glielo ripeterò. Ci segua e resti calmo. – intimò Fotone.
- Nessuno di
voi due è nella situazione di dettare condizioni. Lo capite questo? – disse
Bruce, in tono calmo.
- Non ci
costringa ad azioni… -
- Sapete,
devo solo chiamare il mio fratellone grande, quello verde e… -
La minaccia
sortì l’effetto voluto. Fotone e Superchanger non
replicarono, era evidente che avevano già preso in considerazione un simile
stallo, ma non sapevano come affrontarlo.
- Fotone,
giusto? – fece Banner – Vedermi puntare addosso un’arma mi rende nervoso. -
- Che c’è
dottore? Ti sei arrabbiato? – fece Powderkeg, in
piedi, beffardo. Leonard gli piombò addosso, colpendolo con un pugno che
avrebbe sradicato una sequoia. L’impatto con la nitroglicerina organica
dell’avversario generò un enorme esplosione, ma Samson
non poteva fermarsi, colpì ancora e ancora. L’altro rimaneva immobile, la sua
invulnerabilità lo rendeva in grado di sopportare le deflagrazioni che lui
stesso provocava, ed anche di sopportare quei colpi.
Un pugno
distrusse il setto nasale dello psichiatra, che nel voltarsi di scatto notò
quanto poco lontano fosse la caverna in cui aveva lasciato Bruce, una ventina
di chilometri al massimo. Doveva aiutarlo. Con un salto, superò il nemico e
afferrò un grosso pezzo di carro-armato e, così come aveva visto fare a Hulk in
alcune registrazioni, lo usò come clava, caricando tutta la sua forza in un
unico, devastante colpo. La detonazione che ne seguì, lasciò un cratere di
duecento metri di diametro, al centro del quale, Doc si trovò lacero e ferito,
ma vivo. Di Powderkeg nessuna traccia, probabilmente
era atterrato ai confini del Colorado, ed era furioso, ma non c’era tempo per
pensare a questo. Doveva correre, anzi saltare.
Fotone rimase
indeciso sul da farsi. Poteva obbedire a quell’omuncolo? Senza pensarci, alzò
l’arma e premette il grilletto. Nessun raggio scaturì dalla pistola, ma in un
istante Bruce si ritrovò a terra, immerso in una cacofonia di suoni. Sembrava
un pezzo rock di serie Z, ma c’era qualcosa di rilassante, qualcosa di
ipnotico.
- Ho caricato
delle basi di Hypno Hustler,
il tizio che ipnotizzava la gente con i suoi concerti per derubarli…il canto
delle Mercy Killers. – disse Fotone. Superchanger non rispose; il suo odio per i superumani lo
rendeva impaziente e solo una forza misteriosa lo teneva a freno.
- Scostatevi.
– intimò una voce seria alle loro spalle; i due obbedirono senza indugiare.
L’uomo in armatura avanzò verso Banner, a terra, confuso.
-
Dottore…riesce a vedermi? – fece. Bruce aprì gli occhi a fatica, ma non riuscì
a proferire parola. Udì a malapena il suono dei tasti che venivano premuti.
- Betty… -
non che la vedesse, ma la sensazione di pace che provava gli evocò immagini
precise che soppiantavano la realtà.
- Prendetelo
e seguitemi. – intimò l’essere.
- Qui nessuno
si muove. – replicò Leonard Samson, piazzandosi
davanti all’uscita – E nessuno toccherà quell’uomo. -
- Ne sei
sicuro? –
Un’ondata di
incertezza invase lo psichiatra, quasi che quelle parole fossero state magiche.
In quell’ansia, così oppressiva, non vide il raggio laser di Fotone che lo
colpì ad una spalla; il grido risuonò nella caverna e Bruce lo percepì, il che
fu determinante. Ora riconosceva il tipo in armatura, l’aveva sentito nominare
da Reed Richards, in riferimento al nome di battaglia di sua moglie.
- Psycho-Man… -
- Esatto, dottore,
ma la prego, torni alla sua quiete… - l’essere non finì la frase.
- No…a quanto
ho capito, tutto questo è stato organizzato per la cattura di Hulk, giusto? -
- Lei ha
afferrato. -
- Sa quale
emozione mi hanno sempre fatto provare i tizi che cercavano di catturarmi? –
chiese Banner.
- Paura? -
- Pena. – la
voce era cavernosa, la voce della personalità di Hulk, chiamata il Professore.
Parte della
montagna che si trovava a cinque chilometri dalla caverna si infossò, creando
un cratere intorno all’armatura dell’essere extradimensionale.
Lo slancio era stato incredibilmente potente, Hulk aveva agguantato Psycho-Man e lo aveva scaraventato lontano. Fotone e Superchanger presero a tempestare il gigante di colpi, ma
fu sufficiente colpire il terreno con un pugno perché la scossa sismica li
stendesse. Con un salto, raggiunse il suo vero obbiettivo.
- Ti smembro! – gridò il gigante. L’avversario realizzò il pericolo solo quando si rese conto di aver perduto il suo prezioso strumento nella caduta. A mala pena scansò il primo colpo, poi si lasciò scivolare verso il basso, raggiungendo un congegno di forma vagamente cubica. La chiamava scatola di controllo delle emozioni, ne aveva scoperto la tecnologia nella sua dimensione e l’aveva spesso utilizzata per i suoi sogni di conquista. Contro quell’avversario, era un’arma micidiale.
Il terrore
puro si impadronì del golia verde, che si arrestò. Il Professore regredì
nell’altra personalità di Joe Fixit,
l’Hulk grigio, personificazione delle paure di Banner.
- Come vedi, Hulk, ho il totale controllo sulla tua psiche. – disse l’avversario – Non ti conviene fare mosse avventate. –
- Cosa vuoi
da me? – chiese Fixit.
- Mi servi.
Ho in mente un piano di conquista di alcune dimensioni e tu e Banner siete
indispensabili. -
- Il solito
delirio da supercriminale…Banner? Che vuoi da quell’invertebrato? -
- Lo saprà a
tempo debito, Hulk. –
- Mi domando
se tu sai ciò che vuoi. -
- Psycho-Man sa ciò che vuole. – detto questo, premette
alcuni tasti sul suo congegno e la tranquillità placò il terrore di Fixit, che si trovò nella forma di Bruce.
-
Un’apparizione un po’ breve, direi. Lei non crede, dottore? – disse il nemico.
- Smettila di
darmi del lei. Non amo essere schernito. -
- La prego,
non voglio schernirla. Solo portarle rispetto, anzi spero che lei faccia
altrettanto. -
- Si,
certo…Perché vuoi me? Cos’è questa conquista dimensionale di cui parli?
- Ho alcuni
conti in sospeso con delle dimensioni parallele. Prima fra tutte, questa. Mi
serve un’arma definitiva e lei me ne fornirà due. -
- La prima è
senz’altro Hulk, ma la seconda? -
- Lo
scoprirà. Torniamo alla caverna, deve prendere alcune cose che le saranno
utili. -
Il fattore
rigenerante di Doc Samson aveva ormai guarito la
ferita, ma il condizionamento emozionale al quale era stato sottoposto era
ancora attivo. La sua psiche lavorava per liberarsene, ne aveva gli strumenti,
ma era così difficile convincersi che quell’insicurezza fosse immotivata.
Quando vide Bruce, con i vestiti laceri passargli accanto e rivolgergli quello
sguardo preoccupato, non riuscì a smuoversi, ma capì di doverlo fare in fretta,
almeno a livello cosciente.
- D’accordo,
Banner. Voglio che si occupi del suo amico, mentre impartirò degli ordini ai
miei aiutanti. -
Bruce si
meravigliò della sicumera di quell’essere. Non si curava di ciò che avrebbero
potuto fare i suoi prigionieri, ma diceva di rispettarli. In realtà, era chiaro
che li considerava inferiori.
A breve,
tornò Powderkeg, trasportato da Macchia in uno dei
suoi varchi. Hulk intanto gridava nella mente dello scienziato. Voleva
ribellarsi a Psycho-Man, sapeva di poterlo
sopraffare, ma Banner non poteva rischiare che si scatenasse un Hulk Selvaggio
per volere di quell’essere.
- Bruce? –
fece Doc, confuso.
- Buono
Leonard, sei ancora confuso. Vedrò di tirarci fuori d’impiccio. -
Non c’erano
molte possibilità. Samson era debole, non poteva
contare sulla sua forza. Dipendeva tutto dalle sue azioni.
- Reggiti,
Doc. Si vola… -
- Bruce, no…
-
Troppo tardi.
Il Professore era di nuovo là, di fronte ai suoi avversari; in un attimo
afferrò lo psichiatra e, caricò verso l’uscita della caverna.
- Fermatelo…
- gridò Psycho-Man, poi si interruppe e premette con
forza un pulsante del suo congegno. Ultimamente lo aveva potenziato, aumentandone
la portata e il numero di emozioni che poteva indurre. Dopo pochi secondi,
apparvero tre inquietanti scritte sul quadrante.
Un istante
dopo, nell’atto di spiccare un salto, Hulk avvertì l’ondata di furore
invaderlo, sentì le braccia stringersi in una morsa pericolosa per Samson. L’ira penetrò come una lama, accecandogli gli
occhi. Quell’inutile corpo che teneva gli diventò così odioso che lo lasciò
cadere, senza pensarci.
Respirò
l’odio a pieni polmoni, facendolo scorrere nelle vene a fiumi. Sentiva i
battiti aumentare, martellargli nelle orecchie una sinfonia che conosceva. La
rabbia gli dilaniò i muscoli, esplodendo nella sua forma più pura. Era l’Hulk
Selvaggio, muto, devastante.
- È
affascinante… – disse Psycho-Man; la creatura era in
piedi, a qualche metro da loro – È una vendetta utile, almeno lo vedrò in
azione di persona. – Spesso però, le vendette da utili si tramutano in
controproducenti. Hulk si girò di scatto, avvertendo la voce dell’avversario.
La paura fu più lenta del golia verde, in un attimo, con un piccolo (per lui)
balzo, si lanciò su Psycho-Man, colpendolo dapprima
solo con la sua mole. L’essere extradimensionale
cercò di colpirlo a sua volta. Era forte, aveva
anche potenziato la sua armatura; non abbastanza forte, però. Quando
l’adrenalina si propagò nel sangue di Hulk, la sua forza cominciò a crescere in
maniera esponenziale. Con un pugno spedì Psycho-Man
contro una paratia di adamantio, che non si piegò solo in virtù della sua
indistruttibilità. Fotone fu il primo a vincere il terrore fra i folli che
avevano accettato quella missione. Il laser ferì il gigante ad un braccio, ma
la ferita si rimarginò in una frazione di secondo.
- Dannazione,
fermatelo idioti! – gridò il loro mandante, terrorizzato.
Powderkeg
si lanciò contro l’enorme massa verde, provocando un’esplosione e spedendo Hulk
fuori dalla caverna, incolume solo grazie ai suoi poteri.
- Questo, -
disse il criminale esplosivo, una volta uscito – l’ho imparato da te. – dicendo
così, batté i palmi delle mani uno contro l’altro, generando una deflagrazione,
ma fu del tutto inutile, il fattore rigenerante di Hulk fu rapidissimo a
riparare i danni. Il selvaggio golia caricò a testa bassa, colpendo con forza
inaudita; Powderkeg venne sbalzato lontano, riuscendo
a rimanere vivo solo grazie alla sua invulnerabilità.
-
AAAAAHHHHHHHHHHHH! – l’urlo che sfuggì dalla bocca del criminale era comandato
un po’ dalla rabbia e molto dalla paura, ma nonostante questo si lanciò contro
il gigante, saltandogli addosso e cominciando a tempestarlo di pugni esplosivi.
Ogni scoppio produceva zampilli di sangue, ma le ferite guarivano rapidamente.
Infine Hulk, incanalando tutta la sua rabbia, afferrò l’avversario e, tenendolo
stretto nel pugno, colpì il terreno, con tanta forza da generare un sisma
registrato a miglia di distanza e da alzare una colonna di polvere che rese
invisibile la battaglia a Psycho-Man e agli altri.
Quando la cortina si diradò, nel punto che aveva colpito Hulk vi era un
cratere, generato dalla potenza del colpo e richiuso con delle frane dalle
esplosioni di Powderkeg; il criminale, si era scavato
una trappola di decine di metri con il suo potere, nella quale era precipitato.
Si udivano nel sottosuolo le esplosioni che l’essere provocava, nel tentativo
di uscire, ma Psycho-Man non sapeva se quello
scagnozzo ce l’avrebbe fatta: Hulk si diresse subito su di lui.
“È l’unica
possibilità…” pensò l’essere extradimensionale,
cercando di impostare uno stato differente sul suo congegno, ma la mano verde
agguantò la scatola e la gettò contro un muro danneggiandola seriamente.
- Sei pazzo!
– gridò Psycho-Man, lanciandosi sullo strumento – Non
sai cosa hai fatto… -
La macchina
prese a lampeggiare sinistramente, e le varie scritte delle emozioni si
susseguivano con rapidità. – Esploderà se non… - Hulk colpì l’essere,
scansandolo dal congegno. L’effetto del condizionamento stava svanendo, a causa
dei danni, perciò l’Hulk Selvaggio riuscì a comprendere il pericolo e si
trasformò istantaneamente in Joe Fixit.
- Dannazione…meglio
filare… - disse, guardando prima la macchina, poi i tre supercriminali,
spaesati e privati del coraggio infusogli dalla macchina; Psycho-Man
era svenuto per il colpo. Infine, lo sguardo cadde su Samson,
a terra.
No!
NOOOOOOOOOOOOOOOOO!
La
personalità più forte prese il sopravvento. Il golia grigio riprese le forme di
Bruce Banner mentre il congegno di controllo cominciava ad emettere delle
scariche. Il fisico si rese conto di non conoscere la reale portata di quello
strumento, avrebbe potuto diffondersi a macchia d’olio. Non aveva né il tempo
né il modo di disinnescarlo, ma la mente dello scienziato lavorò in fretta:
agguantò l’oggetto e lo gettò nel fondo della caverna che doveva contenere
Hulk, poi andò al sistema di chiusura dell’unica uscita. L’accesso era a
scansione retinale, solo lui poteva aprirlo e chiuderlo, ma solo in quel momento
si rese conto del fatto che nessun sistema era operativo, a causa del blackout
indotto da Superchanger: la porta sarebbe rimasta
aperta e sarebbe stato tutto inutile, se non avesse trovato il modo di bloccare
la via alla deflagrazione.
A meno
che… pensò Bruce,
esitando. Doveva solo sperare che le pareti di adamantio e in qualche parte i
pannelli di vibranio tenessero; per il resto, non gli importava nulla. Corse
all’interno del rifugio, nel buio, sentì il sibilo del congegno e capì di
esserci vicino. Saltò, afferrandolo e in quel momento, quando la luce
dell’esplosione rivelò la sua immagine, quasi abbracciata allo strumento, Bruce
capì che aveva commesso una seconda volta, lo stesso errore della bomba gamma.
Fine seconda
parte
Prima di concludere
e rimandarvi alla prossima, voglio spendere qualche parola a proposito di Psycho-Man: egli era uno scienziato di Sub-Atomica, nel Microverso; quando la sua dimensione fu oppressa dalla
sovrappopolazione, Psycho-Man cercò di invadere il
nostro mondo, ma si scontrò con i Fantastici quattro, con
Per ora è
tutto, gente. Ai miei pochi, fedeli lettori (chissà se esistono, alcuni
bestiari medievali ne parlano, mi pare) rivelo che nel prossimo numero di Hulk
la storia sarà raccontata per iscritto e non oralmente (non ditemi che non
spoilero nulla).
Il vostro
affezionato
Vale AlbaDiggi